A volte le cose non accadono nel modo in cui lo vorremmo: muore una persona amata. Arriva il risultato inaspettato di un test. Una relazione crolla in un modo che non avremmo potuto prevedere. Un’infezione ritorna. Un caso si dissolve in un giorno. Un attacco arriva dal nulla, distruggendo un corpo o un sogno, o entrambi. Una cosa che sembrava molto solida, reale e affidabile ieri, risulta esserlo molto meno di quanto sembrasse.
La promessa cosmica è stata infranta?
In un attimo tutte le difese prodotte dalla nostra mente si sgretolano. Torniamo ad essere neonati, non siamo più invulnerabili, non siamo più insensibili agli orrori e alle glorie sconvolgenti della creazione. Siamo confrontati alla nostra impotenza di fronte all’immensità del cosmo, nudi senza la protezione dell’ego. In un istante, tocchiamo e siamo toccati dal mistero insondabile che sta alla base di tutte le cose e le penetra.
A volte l’impermanenza irrompe attraverso le fessure della nostra realtà obsoleta e la pura instabilità della nostra esistenza, l’incontrollabilità degli eventi, l’imprevedibilità del nostro mondo emozionale, diventano evidenti una volta di più.
I nostri occhi sono aperti. Gli antichi insegnamenti tornano in vita.
Ciò che nasce deve morire. Quello che è, presto scomparirà. Il terreno sul quale ci troviamo si può spalancare in qualsiasi momento.
Non abbiamo davvero alcuna presa da nessuna parte.
Cos’è reale?
Di cosa possiamo fidarci in questa vita?
Perché vale la pena vivere?
E indietreggiamo. Tutto questo é troppo, l’ immensità dell’esperienza, questo formidabile mistero.
Veloci! torniamo alla normale e vecchia sicurezza.
Veloci, aggrappiamoci a qualcosa di solido, qualcosa di gestibile, qualcosa di tangibile.
Miglioriamo qualcosa. Andiamo a cercare qualcosa. Controlliamo qualcosa. Afferriamo qualcosa. Proviamo ad ottenere una risposta. Prendiamo un rimedio. Risolviamo tutto questo. Lasciamoci distrarre – dalle droghe, dalla religione, dai luoghi comuni, da sempre più esperienze.
Accendiamo la televisione. Andiamo al supermercato. Facciamo un giochino sul nostro telefono. Nascondiamoci. Nascondiamoci. Nascondiamoci.
Invece di affrontare il terrore in agguato nelle profondità inesplorate, fissiamo ancora una volta i nostri occhi su superfici brillanti. Ci chiudiamo davanti al grande terrore di un’ esistenza incontrollabile, concentrandoci sulle cose della vita su cui pensiamo di avere un certo controllo.
Cerchiamo di arginare il nostro dolore e tornare alla normalità, di tornare al lavoro, tornare al conosciuto, tornare alla “realtà”.
Però, la normalità è il problema, non la soluzione.
La vecchia, “normale” realtà era troppo piccola per noi. La vita, nella sua intelligenza infinita, stava solo cercando di spezzarci per aprirci. Eravamo diventati troppo piccoli per noi stessi, troppo limitati, troppo insensibili, troppo preoccupati nella ricerca di un proprio valore nelle cose esteriori, intrappolati nelle nostre storie, confortati dal sonno trovato nel comfort e nella prevedibilità. Avevamo abbandonato il nostro potere e ci siamo fidati delle forme e delle forze esterne. Nella nostra ricerca del positivo, avevamo seppellito tutto ciò che consideravamo negativo – il dolore, i dispiaceri, i desideri, le paure, i terrori, i terribili paradossi, i dubbi insoluti. Queste energie molto naturali le avevamo rimosse nel profondo per poter funzionare, per essere produttivi, per rendere i nostri genitori orgogliosi, per essere amati, per ottenere ricompense ed essere “adattati”.
Pensavamo di essere felici. Tuttavia, la nostra felicità era così contingente, così fragile, la nostra gioia così dipendente e la nostra soddisfazione così superficiale! Era il tipo di contentezza che poteva essere distrutta in qualsiasi momento. Ed è stata distrutta, perché la vita cerca solo la pienezza.
Siamo allora chiamati a mettere in discussione tutto. Tutto. Forse la nostra attuale delusione e la nostra sofferenza non sono un ostacolo ma una via d’accesso alla guarigione.
Forse il nostro dolore non è un errore ma un portale.
Forse la nostra rabbia nasconde un percorso. Forse i nostri desideri più profondi non sono difetti, ma parti di noi stessi che vogliono solo essere riconosciute.
Ferite aperte per essere guarite, osservate, bagnate, immerse in un’attenzione amorevole.
Nessuna esperienza è intrinsecamente traumatica; nessuna esperienza è veramente impossibile da gestire o insopportabile per la coscienza; ma a volte possono liberare in noi energie vulcaniche che abbiamo represso, respinto, rifiutato di integrare, nella nostra fretta di voler essere un “io” coerente, solido e normale. Nel tentativo di assemblare, in realtà abbiamo scisso, l’ io buono” contro l’io cattivo”.
E ora la vita ci è venuta in aiuto con il suo amore per la pienezza. I terrori, le collere, la confusione e le gioie insondabili che non siamo mai stati in grado di sopportare, ora tornano liberamente a ballare in noi! Alleluia! L’esterno doveva sgretolarsi; siamo di nuovo in contatto con l’interno!
È un invito a rimanere scoperti, senza controllo, senza soluzioni ancora per un po’ , ad essere, oggi, un po ‘più incoerenti, un po’ più caotici. C’è una dignità nel crollare, nel vivere un po ‘di più il nostro io pazzo, sbilanciato, senza filtri, senza censure, non controllato. Saluta tutte quelle vecchie energie che stanno sorgendo in te.
La tua sofferenza non è un errore, né una punizione e, alla fine, non è nemmeno tua.
Tutti soffriamo. Tutti noi sperimentiamo la perdita, e tutti ci chiediamo perché. Siamo collegati a tutta l’umanità nel nostro dolore. La nostra sofferenza è il nostro rito di passaggio, e molti altri hanno fatto questo viaggio. Molti altri hanno amato e perduto, aspettato e visto crollare le loro aspettative. Noi camminiamo sulle orme dei nostri antenati. Il terreno è ancora stranamente familiare.
Siamo solo invitati ad amare noi stessi con ancora più forza, a connetterci più profondamente alla nostra respirazione, a
sentire una sorta di compassione per gli altri e per noi stessi che non avremmo mai sentito se tutto avesse continuato ad “andare nel nostro senso”.
In realtà, che senso ?
E perché ci aspettavamo che tutto continuasse nel nostro senso, in un mondo imprevedibile, impermanente o in continua evoluzione?
Può un’onda controllare l’immensità dell’oceano? Avevamo perso la nostra umiltà, il nostro senso delle proporzioni?
Se possiamo toccare i nostri dolori, possiamo toccare i dolori di tutta l’umanità.
Qui non si tratta di crogiolarsi nel dolore, è un risveglio, l’apertura degli occhi, la nascita di una vera compassione.
Permettiamo anche ai nostri dolori più profondi di ricordarci il prezioso valore di ogni momento della vita.
Lasciamo la vita spezzarci il cuore e aprirlo alla Verità.
Tutto brucia.
Sapevamo troppo, ora sappiamo di meno, e questa non è una perdita, ma la nascita della nostra libertà.
E c’è qualcosa in noi che non è mai traumatizzato, qualcosa che è sempre presente e degno di fiducia, qualcosa di indistruttibile, qualcosa che sopravvive anche alle sensazioni più intense, qualcosa che guarda e libera i traumi proprio come il cuore pompa il suo sangue …
Jeff Foster